Siamo fatti per amare.

E per fortuna..pensa se non lo fossimo …

Si perché anche se non si può vivere senza amore, provare a capire e vivere appieno questo sentimento è molto spesso un vero caos: nemmeno l’amore incondizionato per i figli ci aiuta fino in fondo.

Forse perché non vi sono mai certezze, strade segnate, istruzioni per l’uso: ogni unione (sentimentale e non)unisce unicità in  maniera unica. Chiaro no!!!

L’amore, la sua bellezza e le sue pene, è da sempre fonte di ispirazione per l’arte, la musica,la poesia, i libri, i film, le opere teatrali e frasi nei cioccolatini.

E’ il centro di tutto, con il suo fascino e il segno che indelebilmente riesce a lasciare in ognuno di noi.

E’ così da sempre, è così da subito.

Lo psicolanalista Renè Spitz tra il 1945 e il 1946 ha condotto uno studio sui neonati ospedalizzati che ha evidenziato come la deprivazione affettiva, porti a sviluppare un vero e proprio stato depressivo che lui definisce anaclitico. I bambini che nessuno ama, nel modo in cui questo dovrebbe avvenire, cioè prendendosene cura con affetto, contatto corporeo, tenerezza, accoglienza, non riuscivano a crescere ne dal punto di vista fisico ne da quello psicologico. In alcuni casi si lasciavano addirittura morire, come se in qualche modo avessero deciso che non aveva senso vivere senza amore.

La mamma insegna questo al suo bambino (o almeno ci prova): ad essere amato per quello che è, accolto anche nelle sue difficoltà, spronato a crescere e maturare, nel rispetto del sé. Anche il padre ha un ruolo importante (non dimentichiamolo mai); dare struttura e regole per modulare il rapporto con il mondo e con gli altri, insegnare la libertà, dare fiducia.

E a partire da questi insegnamenti e dal susseguirsi delle vicende della vita (amicizie, innamoramenti, eventi traumatici, perdite) creiamo la nostra idea di amore.

Possiamo decidere che è solo sofferenza, che non ne vale la pena, erigere muri per contenere il dolore ed evitare di lasciarci andare. Possiamo innamoraci dell’amore e dello stordimento che all’inizio si prova continuando a cercare di ritrovare quella sensazione, passando da un rapporto all’altro e non essendo mai pienamente soddisfatti. Possiamo decidere che l’amore è solo una cosa per deboli e che in questa società dove tutto si può comprare, consumare e buttare via, sia solo un elemento di disturbo verso la propria affermazione.

Per quanto quindi  siamo biologicamente, sia  dal punto di vista evolutivo che neurologico, determinati  a provare sentimenti di amore e affetto, la pratica risulta molto complessa.

Decidere di amare, nel senso vero che questa parola possiede è una cosa che si può imparare se veramente vogliamo farlo, al di là di ogni esperienza negativa, insegnamento non ricevuto e soprattutto egoismo.

Perché capire e vivere appieno questo sentimento significa prima di tutto accettare se stessi (mai cosa fu più ardua) accettare gli altri come altro e diverso da noi (e rispettarli per questo) e a questo punto mettere in discussione tutto. Significa donare, senza condizioni o aspettative, e sul più bello dover ricominciare.

Nel libro “La profezia di Celestino” di James Redfield, si parla molto del concetto di amore, definendolo non tanto un atto di altruismo che ci rende più buoni, ma un fatto di edonismo, perché amare ci aiuta in prima persona: a crescere ad essere forti e a stare bene.

Quindi l’amore non è dipendenza, compiacenza, soddisfazione delle esigenze altrui, o ricerca di soddisfare i propri egoismi,  ma dono incondizionato che libera.

Forse la difficoltà di amare nasce proprio da un errore di significato ed interpretazione; da una complessità che abbiamo creato, allontanandoci dalla nostra natura più umana. Nasce dall’ impossibilità di definire l’indefinibile e di voler per forza dare un significato a tutto. Nasce dall’ incapacità di affidarsi.


Quindi forse alla fine siamo nati per imparare a fidarci dell’amore.